Retrolfatto
Introdotta nella cavità orale, la birra subisce, non solo l’azione biochimica della saliva, anche un riscaldamento di circa 37 °C. Pertanto, terminata la deglutizione, e quindi esauritosi l’esame gustativo in senso stretto, si possono cogliere aromi diversi, anche più numerosi e complessi di quelli avvertiti prima direttamente dall’olfatto.
È stato così coniato di recente un nuovo vocabolo, retrolfatto, senz’altro più appropriato. Il retrogusto infatti, tipico del vino, è il residuo caratteristico di sapore che si percepisce dopo la degustazione, non certamente un esame retrolfattivo o retronasale. Già approcciandoci al degustatore, notiamo la presenza della sputacchiera: la degustazione del vino normalmente termina con lo sputo del sorso.
Con la birra invece, il sorso va ingerito se si vuole ottenere il caratteristico ruttino, che determina appunto il retrolfatto: a questo punto si espira col naso, e si percepiscono tutti i profumi caratteristici della birra.
In generale, il retrolfatto ci aiuta a percepire il gusto più pieno e completo della birra.