Bitter Ale
La più tipica delle ale inglesi, considerata “bevanda nazionale”. Il termine bitter significa “amaro” e indica una tipologia in cui questo sapore si esprime in modo netto grazie al luppolo (che in alcune birre non si avverte molto, in altre è più deciso). In ogni modo, la bitter ale non è, come il nome suggerirebbe, di sapore amaro: l’amarore è molto gradevole, in quanto prevalgono suggestioni di asciuttezza (conferite dal luppolo) e l’assenza di dolcezza. Il finale esprime sovente una certa acidità. A livello di sensazioni olfattive è tipico, come in altre ale, il fruttato dovuto agli esteri presenti, spesso con note di citrico e frutta matura; ma anche sentori di malto e soprattutto di luppolo sono ben percettibili. Infine, essendo povera di anidride carbonica, la bitter ha scarsa quantità di schiuma, quasi piatta. Il colore tradizionale è l’ambrato con riflessi scuri, anche se in Inghilterra, da un bel po’ di tempo, si sono diffuse varietà più chiare. In relazione alla gradazione alcolica, si hanno tre sottotipologie: ordinary bitter (bitter comune), 3,5-4,2%; best (o special) bitter (bitter pregiata), 4,3- 4,8%; extra special bitter-ESB, strong (o premium) bitter (la più forte e corposa), 4,9-5,5%. Tradizionalmente la maturazione e la rifermentazione delle bitter ale avvenivano in fusto nelle cantine dei pub inglesi, grazie all’azione di lieviti aggiunti sugli zuccheri residui. A partire dagli anni ’60 del secolo XX le maggiori aziende cominciarono a distribuire fusti di ale per gli impianti alla spina (keg ales) con un prodotto filtrato e pastorizzato (come già avveniva per la versione in bottiglia), allo scopo di conferire un aspetto più brillante e prolungare la conservabilità. Ma l’iniziativa venne considerata un vero e proprio “pericolo culturale” da parte dei birrofili affezionati a un prodotto “crudo”, cioè non pastorizzato e non filtrato. Sicché all’inizio degli anni Settanta i consumatori tradizionalisti si ribellarono a questa pratica e si unirono sotto l’egida della CAMRA (Campaign for Real Ale). Nacque così un’associazione con lo scopo di difendere e rivalutare un prodotto storico saldamente inserito nelle abitudini alimentari inglesi. Riqualificata con il termine real ale “vera e genuina ale”, ideato dall’associazione, la bitter, che molti identificano con la real ale, è ritornata a essere la birra tradizionale inglese, fatta ovvero con metodo tradizionale, sottoposta a condizionamento in barile e con rifermentazione nella cantina dei pub. Le bitter ale vengono servite nei caratteristici bicchieri da pinta (intera o mezza) a temperatura di cantina (all’incirca 13 °C), spillate con le caratteristiche pompe a mano dalle lunghe leve con le maniglie in legno o ceramica. E, poiché questi distributori manuali non sono a pressione, il leggero carattere frizzante (non riproducibile se la birra è refrigerata) è dato esclusivamente dalla seconda fermentazione in barile. Mentre, si sa, i moderni impianti di spillatura, che utilizzano il carboazoto come propellente, permettono la formazione di una schiuma particolarmente cremosa anche in presenza di refrigerazione.