Il diavolo nelle vie di spillatura: uno studio di 1000 anni di storia delle donne nella birra fatto da Christina Wade – recensione
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La storia della birra e il ruolo delle donne nel tempo: recensione di The Devil’s in the Draught Lines
“The Devil’s in the Draught Lines” di Christina Wade, edito dal CAMRA, è un viaggio nella storia delle donne e della birra, in particolare in Gran Bretagna e nei paesi dell’anglosfera. L’ho letto con curiosità e piacere, divertendomi molto, e ora desidero raccontarlo e consigliarlo a chiunque sia interessato alla storia della birra.
L’autrice riscrive la storia della birra concentrandosi sui ruoli delle donne che hanno da sempre lavorato nel settore. Il lavoro delle donne è la costante di questi mille anni di storia della birra, sempre costrette a stare un passo indietro rispetto al mondo maschile, ma con tante storie da raccontare. Perché, in primo luogo, questo libro è una collezione imponente di aneddoti, fatti, nomi, luoghi… frutto di uno studio e di una minuziosa ricerca. La dottoressa Christina Wade è una storica e affronta il tema col piglio della ricercatrice accademica, conducendo un’indagine monumentale che si palesa, poi, nella corposa bibliografia finale in cui ci sbalordiamo nel vedere quante fonti abbiano contribuito alla stesura di quest’opera.
Il ruolo delle donne nella birra dalla peste nera alla rivoluzione brassicola
A partire dalla peste nera del 1348, Wade mostra come, in un contesto di crisi e poi di ricostruzione, le donne hanno giocato un ruolo chiave nel portare avanti l’arte e l’industria brassicola. Prima della peste, la birra veniva preparata quasi esclusivamente da donne, come parte delle attività domestiche. Erano loro, le ale wives dette anche brewsters, a produrre in modo casalingo le ale vendute localmente. Quello delle ale wives è un tema che a me interessa tanto, di cui avevo già raccontato in un articolo di qualche anno fa, ma la cui storia, in questo libro, si è rivelata ancora più complessa e affascinante di quanto immaginassi.
La crisi demografica successiva alla peste innescò un grande cambiamento: gli uomini iniziarono a intravedere in questo mestiere un’opportunità commerciale. Con il loro ingresso nel settore e grazie a risorse economiche e sociali superiori, misero in atto un processo di esclusione delle donne dalla scena brassicola, sancito da misoginia e leggi corporative. Spesso, le “ale wives” venivano screditate, accusate di vendere birra di scarsa qualità, persino paragonate a streghe, in una lotta di potere condita di pregiudizi e pensiero magico.
Le donne nella birra tra pandemie e cambiamenti: ieri e oggi
Facendo un salto avanti di qualche secolo, arriviamo alla pandemia di Covid che ha gettato una nuova luce su questa antica dinamica: ieri come oggi, i periodi di crisi hanno avuto un impatto drastico sul settore birrario (e non solo, ok), cambiandone il corso e alterandone l’andamento. Adesso stiamo assistendo a grossi cambiamenti nel settore e si intravedono panorami che prima del Covid non avremmo potuto immaginare.
Le donne nella birra moderna e il contributo dei microbirrifici
Il libro della dottoressa Wade non si ferma alla denuncia di un remoto passato patriarcale in cui le donne non avevano praticamente diritti, figuriamoci allora mandare avanti un’attività produttiva e commerciale, ma sottolinea il riscatto delle donne, in particolare dagli anni ‘80 del Novecento e con l’avvento dei microbirrifici. Nomi come Nidhi Sharma (capo birraia a Meantime Brewery e con un passato a The Kernel) e Lizzie e Lucy Stevens (fondatrici e proprietarie di Closet Brewery) e soprattutto le loro storie, sono solo alcuni esempi delle donne che oggi operano il cambiamento nel settore. Aggiungiamo anche il numero crescente di donne – scrittrici, giornaliste, podcaster ecc. – che sta ridefinendo la narrazione brassicola, creando progetti e contribuendo a scardinare i pregiudizi ancora radicati.
Nonostante i progressi, molte sfide restano: il sessismo è tuttora presente sia nel mondo brassicolo (come nella società in generale, ok). Gustosi, ma col sapore di déjà-vu, gli aneddoti delle donne docenti, publican, degustatrici intervistate dalla Wade a cui regolarmente viene spiegato com’è fatta una birra. Succede a ogni latitudine, direi.
Perché leggere The Devil’s in the Draught Lines: la storia delle donne nella birra
The Devil’s in the Draught Lines è divertente, un libro positivo, niente lagne, ma tanti aneddoti e fatti super documentati. È un bellissimo tributo a molte donne che hanno fatto la storia della birra.
Personalmente lo trovo un libro importante per diversi motivi. La ricostruzione storica è molto bella e dettagliata, l’autrice riesce ad inserirci in modo naturale frammenti del presente.
Un ulteriore motivo d’interesse sono le interviste. Christina Wade, ha intervistato figure rilevanti dell’odierno mondo della birra artigianale, come proprietarie di birrifici locali, blogger e altre personalità del settore che conoscevo di fama. A mio avviso, questa componente del libro assume anche un particolare valore in chiave di turismo birrario. Ci sono i racconti delle tante donne birraie o proprietarie di locali che hanno contribuito a portare una ventata di apertura in un mondo, quello della birra, storicamente dominato dagli uomini e intriso di atteggiamenti maschilisti e misogini. Poter leggere un libro che raccoglie in sé tanti nomi e storie significative mi ha ispirata: ho preso nota di queste realtà ed è mia intenzione visitarne quante più possibile.
Nota a margine. Il capitolo sulla raccolta del luppolo nel Kent mi è piaciuto tantissimo: trovo che le dinamiche storiche e sociali della raccolta del luppolo assomiglino molto a quelle delle nostre vendemmie (almeno qui in Toscana) e ciò mi ha divertita un monte.
Acquistare The Devil’s in the Draught Lines di Christina Wade: dove trovarlo
“The Devil’s in the Draught Lines” di Christina Wade si trova solo in inglese e si acquista sullo shop del CAMRA. Esattamente come per la birra, io preferisco di gran lunga le librerie indipendenti, tuttavia se lo prendi da Amazon ti chiedo la cortesia di utilizzare questo link in modo che una percentuale aiuti a sostenere Pinta Medicea.