Unionbirrai si unisce all’appello di Fipe-Confcommercio e Fiepet-Confesercenti per stabilire un piano di riaperture in sicurezza dei locali
Piccola storia triste e vera. Ieri sera sono passata a trovare un amico che vende birra artigianale. Alle 18 in punto il mio amico ha interrotto il servizio, niente più birra come da decreto. Intanto, dall’altra parte della strada, un minimarket continuava a stare aperto e a vendere di tutto, birra compresa. Il minimarket vende birra, ma non artigianale, ça va sans dire.
Una situazione kafkiana che ormai dura da mesi.
Unionbirrai ha cercato in tutti i modi possibili di far sentire la voce dei piccoli produttori di birra e di spiegare il funzionamento della filiera della birra artigianale che è diverso da quella industriale e richiede un diverso tipo di attenzione. A cominciare dalla shelf life ridotta – la birra artigianale invenduta non si conserva mesi e mesi come quella industriale – e dai pub come principale veicolo di vendita – se si chiudono i pub si blocca il primo canale di smercio della birra artigianale. Nel mondo della birra artigianale pub/ristoranti e birrifici sono strettamente collegati: se i primi si fermano, soffriranno anche i secondi.
L’ultima mossa di Unionbirrai è stato unirsi all’appello al Ministero per lo Sviluppo economico fatto dalle due organizzazioni maggiormente rappresentative del settore dei pubblici esercizi, Fipe-Confcommercio e Fiepet-Confesercenti. Un appello che chiede la definizione di un piano per la riapertura in sicurezza dei pubblici esercizi. UB è su questa lunghezza d’onda, preme per una riapertura in sicurezza, fatta seguendo un piano che presupponga gradualità e stabilità, in modo che birrifici e locali di vendita possano organizzare il lavoro a lungo termine.
“Non possiamo fare altro che unirci al grido d’aiuto di Fipe e Fiepet, appoggiando in particolare la necessità della riapertura dei locali. Riaprire in sicurezza significherebbe dare una spinta per la ripartenza ad un’intera rete. – ha commentato Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai – La crisi dei pubblici esercizi è strettamente collegata a quella della birra artigianale, che seguendo principi di filiera corta e territorialità si esprime maggiormente nei canali commerciali tipicamente legati a quelli della somministrazione. Alcune limitazioni, come ad esempio il divieto di asporto dopo le 18, hanno solo spostato l’acquisto di bevande e probabilmente anche la possibilità di assembramenti, favorendo di fatto la grande distribuzione e aumentando ancor di più le difficoltà di un mercato, quello della birra artigianale, per natura molto diverso dall’industriale. Motivo per cui da tempo ci stiamo battendo affinché piccoli birrifici indipendenti e industrie siano identificati da codici Ateco differenti e, in condivisione con le altre associazioni direttamente coinvolte nella filiera, riteniamo favorevole il superamento del criterio legato ai codici Ateco per identificare la platea di beneficiari di ristori”.
A questo Unionbirrai aggiunge un incontro avvenuto con il Segretario Nazionale di Confesercenti Mauro Bussoni e il Direttore di Confesercenti Emilia-Romagna Marco Pasi, in cui si è valutata la possibilità di condividere le strategie e le azioni per supportare il settore Ho.Re.Ca., valorizzando tutti i soggetti economici che compongono la filiera.
“Per questi motivi – hanno sottolineato i rappresentanti di Confesercenti nel corso dell’incontro – i nostri sforzi sono ora orientati principalmente a garantire l’effettiva possibilità di lavoro a 300mila imprese, che negli ultimi 12 mesi hanno registrato circa 38 miliardi di euro di perdita di fatturato, e a eliminare le prescrizioni che prevedono il blocco delle attività, anche lavorando, come è stato sottolineato da Fiepet e Fipe al Comitato tecnico scientifico, per implementare i protocolli sanitari tutt’ora vigenti”.