Pannelli solari, cannabis, blue jeans. Come l’industria della birra artigianale americana diventa più sostenibile
Lotte Peplow, American Craft Beer Ambassador per l’Europa della Brewers Association, ci racconta che cosa sta accadendo nell’industria della birra artigianale americana sul fronte della sostenibilità ambientale.
Il 5 giugno 2021 ricorre la Giornata Mondiale dell’Ambiente, tema che tocca da vicino l’industria americana della birra craft, settore in cui la necessità di risparmiare energia e allo stesso tempo diventare più sostenibile, sono diventate delle priorità.
Ogni anno l’industria della birra artigianale americana rilascia nell’atmosfera all’incirca mezzo miliardo di tonnellate di anidride carbonica. Ebbene sì: la birra artigianale di prima qualità, dal gusto pieno e brassata sapientemente che noi americani abbiamo imparato ad amare e apprezzare, per essere fatta richiede una quantità importante di risorse naturali e crea materiali di scarto e sottoprodotti in egual misura. La maggior parte dei piccoli birrifici indipendenti è ben consapevole della propria impronta abientale. Queste aziende sono continuamente alla ricerca di nuovi modi, spesso molto creativi, per essere più sostenibili, più efficienti dal punto di vista energetico e più responsabili dal punto di vista ambientale.
Di seguito sono riportati solo alcuni esempi di iniziative su piccola e larga scala in atto negli Stati Uniti.
Sierra Nevada Brewing Co è il terzo più grande produttore di birra artigianale in USA ed è particolarmente fiero del suo approccio alla sostenibilità, nonostante metta in atto pratiche che non semplificano le modalità produttive e non sono economiche. Lo stabilimento principale a Chico, in California, contiene l’equivalente di 3,5 campi da football di pannelli solari che funzionano in tandem con due megawatt di microturbine Capstone, riuscendo da soli a fornire oltre il 90% dell’elettricità necessaria per far funzionare il birrificio. Anche il calore di scarto non va sprecato perché l’azienda lo utilizza per produrre vapore e acqua calda da impiegare nelle ulteriori fasi produttive della birra.
Sierra Nevada recupera anche la CO2 prodotta naturalmente dalla fermentazione che di solito viene liberata nell’atmosfera. Invece, dopo averla trattata, la reimmette nel ciclo di produzione tramite serbatoi a pressione che servono nella fase di confezionamento della birra. La CO2 recuperata in questo modo contiene meno ossigeno della CO2 commerciale, migliorando la qualità del prodotto.
La conservazione dell’acqua è un altro elemento fondamentale in California, perennemente afflitta dalla siccità. Sierra Nevada ha eliminato i lubrificanti a base d’acqua sulle linee di imbottigliamento e kegging. Un accorgimento che non solo riduce il consumo di acqua, ma anche la quantità di acque reflue nell’impianto di trattamento in loco. Il birrificio ricicla l’acqua utilizzata sulle linee per sciacquare le bottiglie, riutilizzandola nella fase di riempimento e riuscendo così a risparmiare circa 2,5 milioni di litri d’acqua all’anno. La sensibilità ai temi ambientali inglobata nel metodo produttivo, fa parte dei valori fondanti di Sierra Nevada, e ha la stessa importanza del fare ottima birra.
Mandi McKay, direttore del settore della Responsabilità Sociale d’Impresa presso Sierra Nevada Brewing Co, commenta: “Siamo un’eccellenza nel campo della sostenibilità a ciclo chiuso. il ciclo chiuso si è rivelato una meravigliosa strategia operativa. Abbiamo dimostrato che i rifiuti derivanti dal recupero di calore, acqua o CO2 possono diventare una risorsa utile per qualcos’altro. L’industria della birra possiede un’elevata intensità energetica, produce e consuma molto calore, quindi ci siamo dedicati al cento per cento al recupero di calore e vapore e la filosofia del “circuito chiuso” è stata per noi un principio guida. Ma in Sierra Nevada andiamo oltre il produrre birra straordinaria e migliorarci continuamente per avere zero sprechi. Ci occupiamo, infatti, con consapevolezza anche della nostra catena di forniture – all’inizio abbiamo piantato il nostro luppoleto – e questo deriva dalla convinzione fondamentale che tutto è connesso e il nostro impatto sull’ambiente ha un impatto anche su noi stessi. In futuro speriamo di oltrepassare i confini aziendali, con strategie più ampie, magari attraverso il patrocinio, o le partnership oppure la catena di fornitura“.
Nel 2019 Maui Brewing Co a Kihei nelle isole Hawaii, è diventato il primo birrificio completamente autosufficiente dal punto di vista energetico in tutti gli Stati Uniti. Settemilanovecento (7.900) metri quadri di pannelli solari ricoprono il tetto dello stabilimento di produzione, dove funziona anche un sistema di cattura e recupero della CO2. Questi sforzi, più l’uso dell’energia solare, ridurranno le emissioni di CO2 del birrificio di oltre 65 tonnellate all’anno.
“Con il nostro successo, abbiamo visto l’opportunità di investire in energia alternativa e dare il buon esempio nella produzione sostenibile“, afferma Garrett Marrero, CEO e cofondatore di Maui Brewing. Poi aggiunge: “Ci concentriamo sulla genuinità e questo significa utilizzare ingredienti locali, essere innovativi e altamente sostenibili. Produciamo oltre il 90% della nostra energia in loco attraverso il solare e il resto proviene da generatori di bio diesel a cui i aggiunge del solare termico per il calore dell’acqua e il vapore. Così riusciamo a ottenere una bassa impronta di carbonio. Continueremo a sviluppare iniziative che non solo aiutano l’azienda, ma ispirano anche la nostra comunità“.
I birrifici artigianali americani non eccellono solo in birre innovative e creative, ma stanno anche sviluppando utilizzi alternativi e altamente creativi dei prodotti di scarto dei birrifici.
Denver Beer Co, con sede a Denver, CO riesce a catturare la CO2 generata durante il processo di fermentazione della birra e a riutilizzarla per sollecitare la crescita delle piante di marijuana (legale in Colorado). In questo processo, l’anidride carbonica dei tini di fermentazione anziché essere rilasciata nell’atmosfera, è convogliata in una “dispositivo trappola in schiuma” (pressurising foam trap) e da lì in una “scatola di purificazione” (purifying box) che rimuove: gas, acidi, aromi e composti organici volatili indesiderati, prima del raffreddamento e della trasformazione in stato liquido. Una volta immagazzinata, la CO2 può essere facilmente trasportata alla coltivazione di cannabis, e qui riconvertita allo stato gassoso e poi pompata in una “grow room” di oltre 220 metri quadrati, per fornire anidride carbonica supplementare alle piante di cannabis in modo da facilitare la fotosintesi. Tutto ciò accelera il ciclo di vita della pianta quando viene coltivata indoor. Oltre al suo programma di cattura della CO2, nel 2018 Denver Beer Co ha anche convertito al 100% di energia solare il suo impianto di produzione di birra Canworks. Il birrificio ha anche recentemente acquistato una flotta di veicoli elettrici per la sua squadra di vendita, che vengono alimentati tramite un pannello solare da 258 kW installato sul tettuccio.
Ska Brewing Co a Durango, CO ha fatto un ulteriore passo avanti. Oltre a installare pannelli solari che generano energia sufficiente per produrre circa 545.000 pinte all’anno, il birrificio isola le pareti dello stabilimento con vecchi blue jeans, il bar e i tavoli sono realizzati con piste da bowling, mentre erba e fiori vivono grazie all’acqua riciclata! Inoltre, Ska Brewing sta riutilizzando le vecchie lattine, rietichettandole e rimettendole in commercio.
La sostenibilità è un valore fondamentale per la stragrande maggioranza dei birrifici artigianali americani, e si affianca alla ricerca della qualità. Quest’ultima confermata dal gran numero di medaglie e dai massimi riconoscimenti ottenuti nei più prestigiosi concorsi internazionali, in cui le birre vengono giudicate dai palati più raffinati ed esperti al mondo. Uno dei motivi chiave del successo internazionale della birra artigianale americana è il facile accesso a varietà di luppolo molto ricercate. Avendo la possibilità di visitare direttamente i luppoleti, i birrai artigianali americani sono in grado di sviluppare profili di sapore nella birra che sono difficili da ottenere altrove. Metti assieme la qualità e la freschezza delle materie prime con l’esperienza tecnica dei birrai artigianali americani ed è facile capire perché la birra artigianale americana è rinomata per la sua qualità in tutto il mondo.
La Brewers Association – l’associazione di categoria senza scopo di lucro che rappresenta i birrifici artigianali americani piccoli e indipendenti – è impegnata per mettere a disposizione dell’industria della birra un’ampia gamma di risorse legate alla sostenibilità, tra cui il Brewers Association Sustainability Best Practices Manual (Manuale delle migliori pratiche di sostenibilità della Brewers Association ) e uno strumento di analisi comparativa della sostenibilità.
La birra artigianale americana è disponibile in tutta Italia in alcune catene di supermercati, negozi indipendenti, bottiglierie, pub e ristoranti selezionati.
di Lotte Peplow (traduzione Francesca Morbidelli)