Birrificio e pub Vale la Pena
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Tratto da La birra nel mondo, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
È questo il nome sia del microbirrificio che del pub nati dalla Onlus Semi di Libertà per il reinserimento lavorativo degli ex detenuti attraverso la formazione professionale nel campo della birra artigianale.
Paolo Strano, fisioterapista nel servizio sanitario italiano, conosciuto il mondo del carcere lavorando a Regina Coeli, avvertì la necessità di contrastare le recidive dei detenuti offrendo loro opportunità di lavoro e di nuova vita. Così, lasciato il proprio lavoro, a gennaio del 2013 fondò la Onlus Semi di Libertà. L’anno successivo, a marzo ebbe inizio la prima attività formativa, a settembre vide la luce la prima birra.
L’ubicazione del microbirrificio è appena fuori Roma, presso l’Istituto Agrario Emilio Sereni. L’impianto è frutto di un finanziamento del Ministero dell’Istruzione, dell’Univertsità e della Ricerca. I fondi per la start up del birrificio e le borse lavoro dei detenuti sono invece erogati dalla Cassa Ammende del Ministero della Giustizia. Il pub, un piccolo locale arredato con molti riferimenti alla struttura carceraria e inaugurato a ottobre del 2018, si trova vicino alla stazione della metropolitana Furio Camillo.
Segue la produzione Emanuele Meschini. Mentre, come contributo alla causa, affermati birrai italiani (tra gli altri, Valter Loverier, Agostino Airoli, Luigi d’Amelio) preparano ricette originali per birre di grande bevibilità, con relativa facilità di riproduzione da parte dei partecipanti al progetto e utilizzo di materie prime provenienti da altre realtà agricole sociali del territorio.
Una ventina le birre proposte, sia di alta che di bassa fermentazione.
Birre artigianali Vale la Pena
Vale La Pena Regina Birrae, czech pilsner di colore dorato (g.a. 5%); con utilizzo di solo malto pilsner. La carbonazione non è proprio quella decisa della tipologia; la spuma bianca, ampia, soffice, cremosa, di notevole tenuta e allacciatura. L’aroma, alquanto forte, propone malto, caramello, fieno, pasta di pane, farina, mais, paglia, in sinergia con un generoso luppolo floreale e qualche indizio di erbe. Il corpo medio ha una opportuna consistenza acquosa. Il gusto, di un amaro secco e ottimamente luppolizzato, sa tenere in piedi, per l’intero percorso brioso e regolare, l’equilibrio necessario che si chiede a una pilsner di razza la quale si vanta di seguire pedissequamente la tradizione boema. Merito, chiaramente, anche di esteri dolci e malti granulosi che ottemperano con scrupolo agli oneri della causa comune. Con la sua secchezza ripulente, il finale riesce a preparare in breve tempo il terreno per l’incipiente retrolfatto dalla moderata, quanto piacevole, speziatura floreale.
Vale La Pena ‘A Gatta Buia, schwarzbier di colore marrone molto scuro con riflessi rubino (g.a. 4,5%); in collaborazione con Ioan Bratuleanu del birrificio Birradamare. Con una carbonazione morbida e croccante, la schiuma beige sbocca non così ricca, ma sottile, compatta, cremosa, e di buona tenuta. L’aroma si esprime a base di malto tostato, caffè annacquato, liquirizia, cioccolato fondente amaro: il tutto avvolto in una nube di affumicatura. Il corpo medio tende al leggero, in una schietta consistenza acquosa. Gli stessi elementi avvertiti al naso si trasferiscono nel gusto, creando armonia e scorrevolezza, piacere e appagamento. Il finale, sembra voglia fare un breve compendio del regolare percorso gustativo, con tostature che sanno tanto di affumicata. Corto e granuloso, acidulo e amarognolo, il retrolfatto è ispirato in particolare da suggestioni di caramello lievemente bruciato.
Vale La Pena Amarafemmena, american pale ale di colore giallo ambrato (g.a. 6,1%); in collaborazione con Francesco (“Cicciobeer”) Amato del Birrificio del Vesuvio (non più in attività). Con un’effervescenza quasi piana, la schiuma biancastra sbocca abbondante, fine, densa, cremosa, di notevole tenuta e allacciatura. L’esplosione aromatica, peraltro fresca e pulita, è opera degli agrumi, delle erbe, della frutta tropicale; ma non manca, dal sottofondo, qualche sentore floreale, di malto, uva spina, aghi di pino; come si può percepire, annusando attentamenrte, qualche spunto balsamico quasi umido. Il corpo medio tende al leggero, in un’accentuata consistenza acquosa. Nella prima parte del percorso gustativo, caramello, miele, pane tostato e frutta secca si dividono il campo con resina, agrumi, luppolo erbaceo; poi devono arrendersi alla crescente sopraffazione della componente amara. Inevitabilmente, l’equilibrio comincia ad accusare evidenti segni di cedimento; ma ecco arrivare la rude secchezza del lungo finale che fa piazza pulita di ogni residuo, dolce, amaro, anche acido. Col palato ormai anonimo, si ricomincia daccapo: quanto inseguiva ostinatamente il retrolfatto, per estrinsecare liberamente le sue impressioni intensamente amare.
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