Birrificio del Vulture
Rionero in Vulture – Birrificio in provincia di Potenza, terra a vocazione vinicola: chi non conosce l’aglianico, il vino rosso granato dal caratteristico profumo di fragola? Entrò in funzione nel 2015, con un impianto da 2,5 ettolitri. Fu opera di Ersilia d’Amico e del marito, Donatello Pietragalla, entrambi homebrewer dal 2009 e con tanta esperienza accumulata in corsi, eventi a tema, praticantato presso diversi birrifici —birrificiodelvulture.com.
La produzione, di 10 birre a fermentazione alta, comprende anche alcune stagionali; mentre l’ispirazione spazia tra Belgio e Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti. Il birrificio, anche sede di corsi e serate di degustazione, dispone di una piccola taproom con punto vendita per l’asporto.
Le birre artigianali del Birrificio del Vulture
Vulture West Cost, india pale ale di colore ambrato tenue (g.a. 7,2%). Stando al nome, dovrebbe essere una West Coast; ma, già dal colore, risalta una notevole differenza. Possiamo quindi parlare, tutt’al più, di una IPA West Coast sui generis. La carbonazione è moderata; la schiuma avorio, voluminosa, mediofine, cremosa, di lunga durata e buona allacciatura. Tenui ma freschi e puliti, si mettono subito in evidenza al naso profumi di fiori bianchi ed erbe di campo. Non che rimanga tanto spazio per altri componenti; riescono tuttavia a farsi notare sentori di caramello, biscotto, marmellata d’arancia. Qualche spunto di luppolo resinoso arriva dal sottofondo, con in poppa un delicato calore etilico. Il corpo mostra una certa pienezza, benché si snodi in una consistenza abbastanza acquosa. Pur frammisti a note di arancia amara, resina e luppolo erbaceo, si distinguono chiaramente, durante il lungo percorso gustatvo, caramello, miele, biscotto, frutta secca, ananas, pompelmo rosa. Da parte sua, l’alcol opera nelle vesti di un piacevole amaretto. Nel finale, sono le tostature a contrastare, con la loro rinfrescante acidità, l’incipiente percezione amara di un luppolo terroso. A sua volta, il retrolfatto propone un malto gradevolmente fruttato.
Vulture So’ Biologa, imperial stout di colore nero ebano impenetrabile (g.a. 7%). La carbonazione è abbastanza contenuta; la schiuma moca, fine e cremosa, ma non così ricca e duratura. Caffè macinato fresco, liquirizia, cioccolato, malto tostato, frutta secca, rovere carbonizzato, bacche acide, spirano liberamente al naso sotto l’egida di un riservatissimo luppolo speziato peraltro suffragato da un discreto alone etilico. Il corpo, da medio a pieno, presenta una leggera consistenza oleosa. Intiepidito ad arte dall’alcol, il gusto defluisce intenso e piacevole, tra note di caffè, miele, liquirizia, frutta secca, zucchero di canna, malti tostati a richiamare il cioccolato; fin all’arrivo di un amarore resinoso e agrumato, erbaceo e terroso, apportato tardivamente dai luppoli. Amarore, che nel finale diventa piuttosto astringente. Poi si esaltano le lunghe impressioni retrolfattive, dolci e calde, di frutta sotto spirito.
Vulture Bianchina, witbier di colore giallo dorato (g.a. 4%). La carbonazione è abbastanza elevata; la schiuma bianca, voluminosa, fine, compatta, cremosa, di notevole durata e aderenza. L’aroma, intenso e persistente, è improntato al grano, agli agrumi, alle erbe, in un’inebriante atmosfera creata dalla scorza d’arancia amara e dai semi di coriandolo con una delicata sfumatura di citronella. Il corpo è leggero, e di buona consistenza acquosa. Ancora erbe, agrumi e grano, col supporto di miele, banana e frutta secca, allestiscono un piacevole sapore, fresco e dissetante, con la peraltro lieve nota acida ammorbidita dagli opportuni fiocchi di avena. Il finale sa tanto di lievito fruttato. Luppolo e mentuccia danno un bel tocco amaro alle discrete sensazioni retrolfattive.
[Le foto sono tratte dal sito/social del birrificio]