Birrificio Un Terzo
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Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Microbirrificio Un Terzo, Pralungo in provincia di Biella
Enrico Terzo, passato da disegnatore di macchine tessili ad animatore in case di riposo per anziani, da sommelier e gestore dell’Enoteca Regionale della Serra al Ricetto di Candelo, nonché homebrewer dal 1990 e con stage presso Birra del Borgo, poté finalmente, nel 2009, realizzare il suo sogno.
Sostenuto da cinque soci (tra cui la moglie, Lella) con la stessa passione per la birra artigianale, ristrutturò un minuscolo locale di proprietà della famiglia nel vicino comune di Candelo e partì con un impianto da 3.5 ettolitri.
Quanto al nome, è il risultato scherzoso dell’accostamento di Enrico Terzo birraio a Enrico III di Francia.
Poi, come quasi sempre accade, col tempo insorse la necessità dell’ampliamento, e, nel 2016, la produzione fu spostata a Pralungo, in un’ex filanda con tutto lo spazio necessario per ospitare un nuovo impianto da 10 ettolitri. La sede legale rimase però a Candelo, dove peraltro attualmente abita Enrico, nella casa ovvero del birrificio originario. Mentre si rese necessario sistemare in fretta le ricette in quanto l’acqua di Pralungo è più leggera rispetto a quella di Candelo.
Infine, nel 2018, fu inaugurata la taproom con spaccio presso lo stabilimento.
La produzione del birrificio Un Terzo, iniziata con la Natalis a novembre del 2009, è oggi arrivata a 800 ettolitri annui. E contempla solo la fermentazione alta, con ispirazione agli stili belgi e statunitensi.
Da sottolineare il forte legame col territorio dell’azienda la quale, oltre a utilizzare materie prime locali (come mosto, frumento), collabora anche con artigiani locali per la produzione di formaggio, salame o sciampo alla birra, nonché birra con infuso di caffè di una torrefazione locale.
Le birre artigianali Un Terzo
Un Terzo Duca d’O, american pale ale di colore ambrato tendente al rame e dall’aspetto velato (g.a. 6,5%); in stile inglese/americano. Utilizza infatti, come base, il malto inglese Maris Otter, insieme al Cara Vienna; nonché i luppoli americani Cascade, Amarillo e Columbus. E’ dedicata invece al duca d’Orléans che, nel 1575, divenne Enrico III di Francia. Con un’effervescenza piana, la schiuma ocra si leva ampia e cremosa, stabile e aderente. Al naso si mette subito in evidenza, e con eleganza, la massiccia luppolizzazione, regalando profumi di agrumi (in particolare, pompelmo rosa), erbe, fieno, resina, frutta tropicale. Il corpo, di straordinaria leggerezza, scorre agevolmente pur nella sua trama senza alcuna deriva acquosa. Il gusto si esibisce in un morbido e dolce malto caramellato, ma è solo l’inizio, che non arriva neanche a metà del lungo percorso, perché sono in agguato le decise note agrumate e tropicali dei luppoli americani, già in equilibrio tra loro; e il malto passa al ruolo di solida base per un sapore asciutto e moderatamente amaro, che apporta solo sorpresa, non affatto fastidio. Nel finale un accenno di lievito fruttato viene presto fagocitato da una venatura erbacea e resinosa alquanto piccante. E’ il preludio dell’articolata persistenza retrolfattiva in cui si riescono a distinguere soltanto impressioni di cedro, pompelmo e limone di un’impressionante delicatezza amarognola.
Un Terzo Mater, belgian strong dark ale di colore ambrato carico e dall’aspetto confuso (g.a. 8%); dedicata a Caterina de Medici, madre di Enrico III di Francia. Utilizza tre tipi di malto belga, una piccola percentuale di farro maltato
e luppolo americano da aroma. In Belgio, questo stile di birra viene definito “diabolico”, perché l’alcool non viene percepito, quindi l’estrema bevibilità porta facilmente all’ebbrezza. Con una morbida effervescenza, la schiuma, tendente al bianco sporco, si leva a grana fine, di buona cremosità, ma di scarsa tenuta e appena sufficiente allacciatura. Al naso, i profumi resinosi e floreali, che ricordano gli aghi di pino, portano subito il pensiero al luppolo utilizzato; mentre riescono appena a far capolino sentori di malto, arancia, lievito, caramello, imbaldanziti da una alito di pepe. Il corpo medio la una tessitura opportunamente watery. Anche grazie al farro, il gusto invece si presenta in una piacevole consistenza morbida, ampia, avvolgente, tra note di malto, caramello, miele, cereali, frutta secca, e, a controbilanciare, resina, agrumi, pino, luppolo discreto; intanto che l’alcol, nelle vesti di vino passito, accompagna dolcemente la bevuta per l’intero lungo percorso. Nel finale viene allo scoperto il rampicante, molto aromatico e dall’amaro assertivo, come a eliminare, in un’attenta revisione, qualsiasi precedente elemento di squilibrio. La persistenza retrolfattiva può apparire sfuggente, sa comunque allinearsi in sensazioni fruttate e torrefatte.
Un Terzo Canderium, belgian strong dark ale di colore bruno e dall’aspetto opaco (g.a. 7%). Canderium è una variante, comparsa nel 1186, del nome latino di Candelo, Candelus. Utilizza due malti chiari di base (pale ale e pilsner) e tre caramellati (Cara Munich, Cara Pils e chocolate); mentre la speziatura è composta da coriandolo, scorza di arancia amara, ginepro e pepe nero. Con una piacevole effervescenza, la schiuma nocciola, un po’ grossolana ma omogenea e persistente, ostenta buona cremosità e allacciatura. La massiccia speziatura aggiunta incrementa notevolmente quella naturale del lievito, e ne viene fuori un bouquet olfattivo ampio e gradevole, con sentori di caffè, frutta secca, cioccolato, nocciola tostata, caramello, biscotto, malto torrefatto, vaniglia. Il corpo medio presenta una consistenza a malapena grassa, comunque abbastanza scorrevole. Nel gusto, la timidezza del luppolo è la prova inconfutabile della sua presenza al solo scopo di conservabilità: e l’impatto speziato lascia sufficiente spazio per la predominanza del caffè e del cacao, che, a loro volta, consentono la libera espressione delle note di nocciola, caramello quasi bruciato, miele di castagno, zucchero di canna, mou. Nel finale lo speziato diventa quasi piccante, avvolto in un delicato calore di frutta sotto spirito. Il lungo retrolfatto si esalta invece con le sue piacevoli sensazioni, acidule e amarognole. Da considerare senz’altro un’ottima birra da meditazione.
Un Terzo Margot, belgian ale di colore biondo dorato e dall’aspetto nebuloso (g.a. 5%); dedicata alla sorella di Enrico III. Utilizza una piccola percentuale di frumento maltato. La carbonazione è abbastanza vivace; la schiuma bianca, enorme, fine, densa, cremosa, di ottima tenuta. Al naso, i profumi floreali ed erbacei salgono subito alla ribalta, lasciando in sottofondo cereali, lievito, crosta di pane, polpa d’arancia e pesca gialla. Il corpo medio tende decisamente al leggero, in una consistenza alquanto acquosa. Nel gusto, la dolcezza iniziale del malto entra pian piano in armonia con l’amaro erbaceo del luppolo, sino a stabilire un apprezzabile equilibrio che non disdegna, anzi, la presenza di blande note di lievito, miele, lieve fruttato. Nella sua secchezza, il finale reca i segni aspri di un amarognolo da scorza d’agrumi, quasi un invito ad accomodarsi per le suggestioni luppolizzate che hanno dovuto attendere la chiusura del percorso gustativo.
Un Terzo 365 Anniversario, spiced ale di colore ambrato chiaro e dall’aspetto opalescente (g.a. 6%). Fu elaborata per festeggiare i primi 365 giorni del birrificio. E’ una birra che vuole unire in sé le caratteristiche di tre tipologie: la blanche, la saison e la veisse. E ci riesce abbastanza bene, sfruttando intelligentemente l’apporto del frumento maltato, dello zucchero di canna, delle spezie e del luppolo Nelson Sauvin. Con una media effervescenza, la schiuma bianchiccia fuoriesce ampia, spessa, pannosa, di sufficiente durata e allacciatura.
L’elevata intensità olfattiva si esprime con profumi di spezie, frutti di sottobosco, uva spina, frutta esotica, che si fondono armonicamente con sentori di malto, caramello, lievito belga. Il corpo ostenta buona ampiezza, in una liscia consistenza oleosa. Il gusto, con aromi di malto in evidenza, si snoda pieno, avvolgente e con lieve tendenza a una dolcezza caramellata, trovando supporto equilibratore nella speziatura, in buona parte donata dal lievito belga, in un delicato amarore di luppolo agrumato e in un tocco acido di frumento. Il finale, lungo, pulito, amarognolo, spiana la strada alle suggestioni floreali, citriche e fruttate di un retrolfatto di breve persistenza e intensità media.
Un Terzo Natalis, spiced ale di colore nocciola scuro e dall’aspetto semiopaco (g.a. 7,5%). E’ un’offerta natalizia, disponibile da novembre a fine gennaio. Richiede aggiunta di spezie e zucchero di canna. Con una media effervescenza, la schiuma beige emerge alta, pannosa, abbastanza stabile e aderente. Al naso, i profumi delle spezie si elevano parecchio sui sentori di malto, caffè, lievito belga, cacao, frutta secca; intanto che, dal sottofondo, alita un indizio di acidità. Il corpo appare pressoché snello, in una liscia consistenza oleosa. Anche se più blande, le spezie avvolgono, anzi impreziosiscono, le calde note di malto che, in prossimità del traguardo, si ritrovano a dover accogliere un delicato acidulo fruttato. Il finale adempie in fretta e furia al suo compito di ripulire compiutamente il palato con una secchezza quasi astringente. Il retrolfatto delizia con suggestioni amarognole di erbe aromatiche.
Un Terzo Les Amis de la Bière, golden ale di colore dorato e dall’aspetto alquanto velato (g.a. 5,7%); una collaborazione con la Bottega dei Mestieri di Biella (laboratorio occupazionale rivolti a persone con disabilità lievi). Sono stati proprio i ragazzi del laboratorio a scegliere lo stile e le materie prime; così come i proventi delle vendite vengono utilizzati per il finanziamento del laboratorio. Tra gli ingredienti speciali, figurano il frumento maltato, lo zucchero di canna e le spezie. La carbonazione è modesta; la schiuma bianca, abbastanza ricca e cremosa, nonché di buona persistenza. Nell’aroma, un luppolo floreale si fonde armonicamente con lievi sentori agrumati e, meno intensi, di frutta tropicale. Il corpo appare piuttosto leggero, e in un’opportuna consistenza acquosa. Nel gusto, morbido e avvolgente, la componente maltata, supportata dal caramello e dalla frutta, ha sicuramente la meglio su quella luppolizzata; ma l’equilibrio ne risente a malapena, grazie alla secchezza erbacea e alla freschezza del frumento. Una blanda virata amaricante contrassegna il finale, e rimane, magari più intensa, nello
sfuggente retrolfatto.
[Le foto sono di Daniele Chiodi , fornite dal birrificio]