Tasting Beer 2°edizione recensione e Intervista a Randy Mosher
Era il 2010 quando l’amico Franco Fratoni del Livingstone Club Firenze mi suggerì di acquistare un libro, uscito l’anno prima negli USA, dal titolo Tasting Beer, scritto da Randy Mosher (randymosher.com). Si rivelò un acquisto azzeccato fin dalla prima pagina: “Don’t ever consider starting this book without a beer in your hand” (non ti azzardare a iniziare questo libro senza una birra in mano).
Alcuni anni dopo ne uscì la traduzione in italiano Degustare le birre, a cura di MoBI, con un capitolo extra sul movimento nazionale, scritto da Lorenzo Dabove Kuaska. Fu un successone nell’ambiente degli appassionati, diventando subito un libro essenziale da tenere sullo scaffale.
Indice dei contenuti
La seconda edizione di Tasting Beer
Così sono stata contenta nello scoprire che era uscita la seconda edizione di Tasting Beer, rivisto e rinnovato nei contenuti, specialmente per quanto riguarda le belle grafiche a cui ci aveva già abituati la prima pubblicazione.
Tra le tante novità, solo per fare qualche esempio, troviamo una parte ben approfondita sulle spine con tante info utili. Poi c’è la “spirale delle birre”, un’alternativa alla ruota dei sapori, assieme alle splendide infografiche dedicate a malto e luppolo. Temi che ricompaiono analizzati nella parte finale del libro, in tante tabelle esplicative. Come nota personale, complice il caldo di questi giorni, ho apprezzato tantissimo lo schema con la carta degli abbinamenti birre/insalate.
Quando ho scritto questo articolo Tasting Beer era disponibile solo in inglese, anche se l’autore mi aveva anticipato che la traduzione era in corso d’opera. Infatti adesso si trova anche in italiano, con il titolo: Degustare le birre. Tutti i segreti della bevanda più buona del mondo. Tuttavia il testo in inglese è facilmente leggibile anche se si possiede una conoscenza media della lingua.
Con l’occasione Randy Mosher ha gentilmente risposto a qualche mia domanda sul libro, sul movimento artigianale negli Stati Uniti e in Italia, rivelandoci pure qualche curiosità sulle birre. Il risultato è una lunga intervista variegata, ricca di spunti a uno dei personaggi di riferimento del mondo della birra artigianale.
Ringrazio Randy Mosher per la disponibilità e la gentilezza, così come ringrazio Lena R. e Francesco Barzanti per avermi aiutata con la revisione della mia traduzione.
Intervista a Randy Mosher
1) Che cosa ne pensi del movimento artigianale italiano?
Penso che sia fantastico, soprattutto per come è riuscito a sfruttare la vostra formidabile cucina. Diversi anni fa ho fatto il giudice a Birra dell’Anno; era un’epoca in cui la realizzazione tecnica delle birre non era così avanzata quanto l’idea di partenza. Sono sicuro che nel frattempo la situazione sia migliorata, ma naturalmente non ho la possibilità di assaggiare le birre italiane tutte le volte che vorrei. Tuttavia ho visitato l’ultimo Salone del Gusto di Torino, dove ho trovato buone molte delle birre che ho degustato.
2) Nel nuovo Tasting Beer c’è una fantastica “spirale dei sapori” (vedi immagine) che dà una panoramica intuitiva sugli aromi della birra. Possiamo dire che la ruota di Meilgaard sia ormai superata?
La ruota Meilgaard è stata creata in un’epoca in cui esistevano solo le lager industriali, il suo vocabolario non è abbastanza ampio per le nostre esigenze attuali. Inoltre ho sempre pensato che mettere insieme gusto e sensazioni boccali creasse confusione, quindi ho rimosso queste ultime. Inoltre volevo usare una struttura che andasse dagli aromi generali (fruttato, ad esempio) a quelli specifici (agrumi, bacche, ecc.). Nell’ultima parte del libro ci sono molti grafici aggiuntivi che riprendono l’argomento, entrando nei minimi dettagli, a volte fino a toccare le singole molecole aromatiche. Tutto ciò rispecchia il processo di degustazione e anche l’esperienza personale del degustatore che, nel tempo, impara gradualmente a identificare con precisione gli aromi.
3) Spesso l’industria della birra reagisce al fenomeno delle artigianali con aggressività o mettendo in scena degli strani tentativi di imitazione. Che cosa ne pensi del fenomeno crafty?
Penso che sia una conseguenza naturale del successo e della crescita delle birre artigianali. E poi è quasi impossibile fare grossi guadagni in questo settore, dunque c’è sempre bisogno di denaro per potersi espandere.
Da un punto di vista dei consumatori, non credo sia una scelta morale, ma più un fatto estetico. Preferiresti vivere in un mondo in cui esistono varietà pressoché illimitate e prodotti che sono l’espressione molto personale del lavoro del birraio? Le grandi aziende tendono a fare ricerche di mercato, chiedono alla gente che cosa vuole e infine creano un prodotto omogeneizzato che contemporaneamente soddisfi anche le esigenze aziendali. Ce la faresti a scambiare l’irrazionale e deliziosa scena alimentare italiana con il panorama spoglio degli alimenti trasformati e dei fast food? La stessa cosa accade con la birra. Per adesso, i grandi produttori faranno in modo che i birrifici artigianali acquistati lavorino in modo indipendente, ma sappiamo che sono ansiosi di intervenire su prodotto e produzione per “migliorarli”, renderli più efficienti, e ridurre il numero enorme di varietà di birre. Per quanto riguarda i consumatori, credo davvero che dobbiate far mente locale su come spendete i vostri soldi, sostenendo le aziende che preferite e che desiderate abbiano successo.
4) In Italia stiamo vivendo un momento di grandi discussioni per le recenti acquisizioni di marchi artigianali da parte dei “colossi”. Sto parlando di AB-Inbev/Birra del Borgo. Negli USA il fenomeno è iniziato da molto più tempo. Che sta succedendo adesso? Come si evolvono queste operazioni commerciali?
È una domanda lunga e complessa, che è iniziata negli anni ’90. I primi interventi non hanno dato risultati positivi, soprattutto perché i grandi produttori di birra erano troppo interessati a rimodellare le acquisizioni sulla loro immagine e limitarne la portata innovativa. Penso che abbiano imparato alcune lezioni, ma vedremo – soprattutto se il business diventa più difficile o non riesce a soddisfare le aspettative di crescita.
5) Qual è lo stile o la birra che preferisci?
Le mie preferenze sono molto stagionali. In questo periodo dell’anno le witbier. È uno stile difficile, che è facile sbagliare e richiede tanta abilità e controllo da parte del birraio.
6) Qual è la birra più strana che hai mai assaggiato?
Alla 5 Rabbit Cervecería (la prima fabbrica di birra USA ispirata all’America latina, ndr) abbiamo preparato una birra con le cavallette arrostite e un’altra con i funghi gallinacci (o finferli), ma onestamente la nostra birra “Arroz con Leche” (pudding di riso) era forse anche più strana da bere, perché era ricca e densa. L’anno scorso Forbidden Root ha fatto una collaborazione con Fernet Branca e come si può immaginare è stata una produzione unica, con venti diversi estratti vegetali.
7) Nel nuovo Tasting Beer c’è un ampio spazio dedicato ai cocktail sulla birra. Sono così popolari negli Stati Uniti?
Non sono tutti così popolari, ma io sono per la creatività, e ritengo sia stato opportuno includerli. Sono d’accordo che sono difficili da eseguire bene.
8) La birra artigianale americana può contare su una grande varietà di luppoli autoctoni preziosi e caratterizzati, che hanno contribuito alla creazione del “gusto americano” in tempo breve. Sei d’accordo che i luppoli USA siano siano alla base del grande successo delle birre americane? E in che direzione sta andando lo sviluppo di questo settore?
Sono d’accordo nel dire che le varietà americane di luppolo abbiano dato un carattere speciale alle nostre birre fin dall’inizio. Però il luppolo è sempre stato un prodotto internazionale e naturalmente non cresce ovunque. Per me il carattere di un birra dipende più dalla cultura che dagli ingredienti locali. Questi ultimi sono attraenti, ma la birra riflette le scelte, le passioni, gli interessi di chi la produce.
9) Nel caso dei luppoli autoctoni in Italia siamo ancora a uno stadio embrionale. In compenso abbiamo le IGA (Italian Grape Ale) come stile nazionale, riconosciuto di recente dal BJCP. Che cosa pensi di queste birre?
Ne sono un appassionato e le ho brassate in entrambe le birrerie. Mi piace particolarmente usare uve che sono meno usate nel mondo del vino – l’uva di moscato per esempio. Alla Forbidden Root serviamo una “rose ale” effervescente fatta con un’uva autoctona americana, Niagara. Ha un aroma fantastico che spicca sulla parte maltata, anche in quantità del 10%.
Segnalo che MoBI e LSWR stanno traducendo il libro per rendere disponibile anche in italiano la seconda edizione del Degustare le Birre (che effettivamente ha parecchio materiale in più rispetto alla prima). Prevediamo l’uscita in autunno.
ps: bella intervista!
Grazie Davide!
F.