Un Concorso di Luppoli nella Firenze del 1861
Oggi, la il tema della coltivazione del luppolo suscita un grande interesse, eppure la produzione nazionale di luppoli non è cosa nuova. Tutt’altro.
Esistono cronache di quasi due secoli fa, all’alba dell’Unità d’Italia, su questo fenomeno con il quale si cercava di compensare il calo nelle coltivazioni della vite e “soddisfare a un’abitudine [bere birra] divenuta quasi generale”.
All’epoca esistevano molti birrifici sul territorio nazionale.
La cronaca dell’Esposizione Nazionale di Firenze del 1861 racconta di una gara tra 3 produttori di luppolo italiani, e si sofferma sull’esame delle loro piante, considerate dal punto di vista sia agronomico, sia industriale.
Un concorso preso molto sul serio perché il luppolo era destinato a industrie di rilievo e dunque l’esame non poteva prescindere da una valutazione accuratissima delle sostanze aromatizzanti contenute nei coni che sono l’elemento di maggiore o minor pregio ai fini della qualità dei luppoli da birra.
In quell’occasione vennero esaminati tre tipi di luppoli provenienti da altrettante zone del centro Italia.
Il primo concorrente fu il signor Giorgio Martin, fiorentino e privato cittadino che lo utilizzava per fare la birra a proprio uso e consumo. Lo coltivava nell’orto, ricavando ogni anno all’incirca 40 o 50 libbre di coni, fatti crescere come si usava in Inghilterra, ovvero sostenendo i fusti rampicanti con dei pali e facendo passare i tralci di palo in palo, e ottenendo così tanti “festoni” di luppolo. I giudici del concorso lo valutarono un ottimo prodotto, solo non essiccato a dovere, come invece insegnavano i luppoli di Boemia che all’epoca andavano per la maggiore.
All’esame dei giudici il luppolo di Gaetano Pasqui da Forlì risultò meno profumato di quello presentato dal signor Martin, ma molto meglio essiccato e dunque adatto alla conservazione e commercialmente più idoneo. Il signor Pasqui aveva avviato la produzione fin dal 1847 nei dintorni della sua città. Il successo ottenuto con le prime piante, l’aveva spinto ad allargare l’area coltivata, fino ad arrivare a un ettaro (oltre 3.500 piante) e riuscendo a sfruttare i terreni inadatti ad altre coltivazioni. Tutto il suo luppolo finiva nella fabbricazione della Birra Pasqui e serviva ad abbattere i costi e mettendo sul mercato un prodotto più abbordabile e più italiano.
Il terzo ed ultimo concorrente fu il luppolo dell’Amministrazione Bertozzi di Fano. Con coni più piccoli degli altri e meno aromatico, troppo astringente e lontano dallo standard di eccellenza dato dal luppolo di Boemia, fu quello meno apprezzato dai giudici.
La commissione giudicante, oltre alle caratteristiche delle piante, tenne conto anche del loro potenziale nella fabbricazione industriale della birra, lamentando che la valutazione era purtroppo parziale in quanto mancava, per ciascuna varietà presentata, l’assaggio di birra brassata con quel luppolo.
Alla fine il vincitore fu Pasqui, premiato per la capacità imprenditoriale e di coltivazione estesa. Infatti la sua fu la prima fabbrica a produrre birra con luppolo italiano, riuscendo nel 1863 a produrre circa 35.000 bottiglie che il signor Pasqui vendeva anche fuori provincia. Al signor Martin, invece, andò una menzione speciale.
Personalmente mi piacerebbe molto trovare altre notizie su Giorgio Martin di Firenze, homebrewer fiorentino nel Regno d’Italia.
Fonti
- Esposizione italiana tenuta in Firenze nel 1861, Relazioni dei giurati, Volume 2. Firenze, Tipografia di G. Barbèra, 1865.
- Pasqui, il mastro birraio, Mondobirra.org (da cui ho preso anche la foto).
Grazie del ricordo da parte di un pronipote di Gaetano che, con i suoi cugini, ha riavviato l’antica tradizione familiare: http://www.birrapasqui.it
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