Abbiamo fatto l’Italia ora dobbiamo fare… La Birra!
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La birra nell’Italia del 1861
1861, si costituisce ufficialmente lo Stato Italiano, come Regno d’Italia. Nello stesso anno il re Vittorio Emanuele II, come per imitare le esposizioni universali di Londra (1851) e Parigi (1855), indice la prima “Esposizione Italiana” per far conoscere all’Europa, ma soprattutto ai neo-italiani, lo stato di sviluppo raggiunto nel paese in “agricoltura, industria e belle arti”.
Firenze viene scelta come sede per la sua posizione geografica che presto ne farà anche la capitale del regno.
La mostra, inaugurata il 15 settembre 1861, si svolge presso la Stazione Leopolda e dura circa tre mesi, vi partecipano migliaia di espositori (8.533) provenienti da ogni parte dell’Italia (di allora) e anche dall’estero (Lazio e Veneto compresi), sui fatti e i numeri dell’evento sono pubblicati vari opuscoli e libri tra il 1860 e il 1865.
Di seguito riporto integralmente (sperando che il software del correttore automatico non storpi l’italiano arcaico in cui è scritto) il paragrafo dedicato alla birra nella “Relazione dei Giurati”.
§ 3. – Birra.
Dove è il vino in copia, il sidro, la birra o le altre bevande fermentate da quello diverse, divengono meno opportune, e non han pregio se non per la varietà.
Per questo il Sidro è appena conosciuto in Italia, e la Birra prima che la carestia del vino, motivata dalla malattia della vite, ne rendesse l’uso più popolare, era poco meno che una bevanda di lusso. Oggi però le principali città d’Italia ne fabbricano pel bisogno di un consumo più largo, al quale tuttavia quello del vino e degli altri alcoolici tengono naturale e prevalentissima concorrenza.
Destinate a quest’oggetto, le nostre birre non possiedono mai quell’insieme di qualità, che trovasi nelle altre d’ Inghilterra, di Germania, di Olanda e di America, ora fortemente alcooliche, ora austere, ora quasi dolci e profumate, nelle loro varietà convenienti ai gusti ed ai bisogni diversi e reali, cui debbon supplire.
Ad alcuna delle birre della Germania e di Monaco in particolare, si accosta assai, secondo il parere degli intendenti, la birra di Palermo, che fu saggiata dai Giurati ed esposta da quel Comitato. Ben conservata dopo il trasporto, e malgrado le non buone condizioni del palazzo dell’Esposizione, fu trovata una birra detta Birrone di Chiavenna del signor Antonio Pizzala (Cit. N° 9646), bene accreditata nell’alta Italia, e si avvicino pur molto ai tipi rispettivi le imitazioni della Pale-Ale (Ala bianca) e della Brown-Ale (Ala nera) inglesi, preparate e smerciate ordinariamente dal signor Bomboni di Firenze.
In generale le birre italiane d’uso comune sono deboli assai, da segnare 4 e 8 gradi del saccarimetro, poco adatte ad invecchiare senza acetificarsi, e di gusto acidetto quasi sempre.
L’aroma della birra è preso dal luppolo, del quale si pratica limitatamente la coltivazione nell’alta Italia, nella provincia di Forlì, in alcune località dell’Appennino centrale ancora, come nel Casentino, dove con altre piante settentrionali ribes, lamponi, varietà di patate, ed ortaggi, fu portato dal signor Carlo Siemoni, e fin anco intorno Firenze; ma sia per la natura della pianta, sia per il disseccamento mal praticato, secondo resulta dal rapporto della Classe III, il luppolo ottenuto fra noi non vale nell’effetto quello che si trae di Svizzera, di Germania, e di Baviera in ispecie, sebbene alcuni produttori di birra, come il signor Contessi, lo abbiano impiegato non inutilmente.
La fabbricazione della birra, benché ristretta nei termini sopra indicati, contava già nel 1858, in Lombardia, 41 fabbriche, e una produzione di 32,000 ettolitri; Genova aveva anch’essa cinque fabbriche a conto suo, quattro la provincia di Brescia; un gran numero ne ha il Piemonte, spesso più di qualunque città un po’ considerevole di Toscana, per non parlare di quelle dell’Emilia, dove la fabbricazione è assai ben condotta, e di altre provincie delle quali manca ogni notizia.
Ecco qui sotto le particolari informazioni comunicate da diversi spositori.
Tratto dal libro:
ESPOSIZIONE ITALIANA TENUTA IN FIRENZE NEL 1861.
Volume Secondo
Edito dalla tipografia di G. Barbèra (1865).
Anche la Heineken segue le nostre orme, stiamo diventando meglio della Settimana Enigmistica 🙂
http://ilovebeer.it/it/2013/03/birra-e-storia-abbiamo-fatto-l%E2%80%99italia-ora-dobbiamo-fare%E2%80%A6-la-birra
Belle le definizioni ala nera e ala bianca e poi la usuale, il birrone di chiavenna.Comunque 32000 ettolititri un secolo e mezzo fa’ che la popolazione era circa la meta’ e gli anziani erano veramente pochi, la natalita’ era sicuramente doppia se non tripla vuol dire che si trincava parecchio…..Torniamo alla ciucca sana invece che agli intrugli colorati!
Viva la Birra!
Pingback: Anonimo
Ecco, ora ho capito tutto. Torino ha rinunciato prima ad essere la capitale della birra e poi del Regno! Bisogna tornare alle origini sì! 😀
“di gusto acidetto quasi sempre” bello questo passaggio in fondo lascia capire che ancora oggi molti seguono la tradizione!!!! 😛
Bell’articolo complimenti Gianluca
Bravo Gianluca.
Riscopriamo i valori della birra!!!